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EPIDEMIOLOGIA DELLE DEPRESSIONE 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che nel 2020 la depressione sarebbe stata la più diffusa al mondo tra le malattie mentali e in generale la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari.
La depressione colpisce almeno una volta nella vita, da una persona su cinque a una su tre; il rischio per un individuo di sviluppare un episodio depressivo è di circa il 15%.
Considerata la sua incidenza, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha valutato la depressione come la principale causa di disabilità a livello mondiale.
In Italia, secondo i dati Istat, sono più di 3,5 milioni le persone affette da depressione, ma si stima che meno della metà dei casi venga diagnosticata e che solo un paziente su tre riceva cure adeguate.
I dati forniti dalla letteratura internazionale concordano sul fatto che le donne risultano affette da depressione da due a tre volte più degli uomini, dall’adolescenza all’età adulta.
In particolare, la probabilità della donna di ammalarsi è maggiore in alcune stagioni della vita, caratterizzate da cambiamenti e riadattamenti non solo biologici, ma anche psicologici che la rendono particolarmente vulnerabile, quali adolescenza, gravidanza, puerperio e climaterio (periodo che precede la menopausa).
La depressione è comune anche nella senescenza, stagione della vita in cui non si riscontrano però sostanziali differenze di prevalenza tra popolazione femminile e maschile. Senza dubbio il corretto inquadramento diagnostico della problematica rappresenta l’aspetto più difficile e complesso in considerazione di alcuni fattori che connotano l’invecchiamento, quali la presenza di patologie fisiche e la presenza di deficit cognitivi. E’ molto importante quindi nell’anziano fare da subito una diagnosi differenziale tra depressione e l’inizio di deficit cognitivi.
TERAPIA DELLA DEPRESSIONE
Per quanto riguarda la terapia, solo un terzo dei pazienti affetti da depressione risulta in trattamento. I pregiudizi rispetto alle possibilità di cura ed il timore degli effetti collaterali dei farmaci risultano tra i principali ostacoli alle cure.
Il primo passo da compiere è far conoscere la depressione per quello che è, una malattia che come tale deve essere portata all’attenzione del medico specialista in psichiatria e trattata con l’obiettivo di migliorare la prognosi e di conseguenza la qualità della vita. Si può guarire dalla depressione e, laddove ciò non possa verificarsi, la malattia può essere curata in modo da garantire al paziente una qualità della vita accettabile.
Gli obiettivi del trattamento sono sia il ripristino del benessere, eliminando i sintomi, sia la prevenzione delle recidive e della cronicizzazione.
Gli interventi ad oggi disponibili sono di tipo farmacologico e psicoterapeutico.
La scelta della strategia terapeutica dipende dalla gravità e dalle caratteristiche del disturbo, oltre che dalla storia clinica del paziente e non può dunque prescindere da un’accurata e personalizzata valutazione specialistica.
L’ American Psychiatric Association (APA) ha stilato delle linee guida per il trattamento del Disturbo Depressivo Maggiore.
In generale in medicina, le cosiddette linee guida forniscono raccomandazioni basate sulle evidenze scientifiche e norme di buona pratica clinica utili per indirizzare e supportare le decisioni di tutti i professionisti che lavorano nell’ambito delle varie specialità mediche.
Secondo l’APA, un trattamento con buon esito dei pazienti con Disturbo Depressivo Maggiore è favorito da un’accurata valutazione del paziente e la gestione del paziente è fatta dal medico psichiatra.
Il trattamento consiste di:
FASE ACUTA
Nella fase acuta, secondo sempre l’APA, è lo psichiatra che deve scegliere tra le diverse modalità iniziali di trattamento che comprendono la farmacoterapia, la psicoterapia e la combinazione di farmaci e psicoterapia.
Secondo le Linee Guida dell’APA dovrebbe essere somministrato un farmaco:
Dovrebbe essere instaurata una specifica efficace psicoterapia:
Dopo 4-8 settimane va rivalutata l’adeguatezza della risposta al tipo di trattamento scelto.
FASE DI CONTINUAZIONE
Durante le 16-20 settimane che seguono la remissione, i pazienti che sono stati trattati con antidepressivi dovrebbero mantenere gli stessi farmaci, al fine di prevenire una ricaduta.
FASE DI MANTENIMENTO
In seguito alla fase di continuazione, il trattamento relativo alla fase di mantenimento dovrebbe essere considerato per i pazienti in cui si intende prevenire le ricorrenze del disturbo Depressivo Maggiore. In generale, il trattamento farmacologico che si è dimostrato efficace nelle fasi acuta e di continuazione dovrebbe essere usato nella fase di mantenimento.
I fattori di rischio per la ricorrenza del disturbo Depressivo, secondo l’APA, sono i seguenti:
In aggiunta ai fattori sopra elencati, nelle Linee guida dell’APA per l’interruzione del trattamento attivo viene riportato che "i pazienti e i loro psichiatri dovrebbero considerare la risposta clinica ai trattamenti di mantenimento, in termini sia di benefici che di effetti collaterali".
Riferimenti:
- DSM-5: Diagnostic and Statistical manual of Mental discorderà (5th edition). American Psychiatric Association, 2013. Edizione italiana: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. A cura di Raffaello Cortina, Milano 2014.
- American Psychiatric Association (APA): linee guida per il Trattamento del Disturbo Depressivo Maggiore . Edizione Italiana a cura di Bonetti Filippo e Maina Giuseppe - Ed. Masson
- I Disturbi dell’umore: clinica e terapia a cura di Enrico Smeraldi. Ed. Edi-Ermes 
- Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) : www.who.int
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